Siamo giunti all’ultimo appuntamento dei #30eoltre Live, le dirette di instagram che ci hanno accompagnato per 5 settimane, dove abbiamo chiacchierato e conosciuto diversi progetti che ci stanno particolarmente a cuore e che hanno in qualche modo creato la realtà di Oltremare.

Per il gran finale abbiamo invitato a partecipare al nostro Equo-aperitivo Alessandro Franceschini, presidente di Altromercato, l’impresa di commercio equo e solidale più grande in Italia e seconda nel mondo, e Gaga Pignatelli di Equo Garantito, per il quale si occupa di advocacy.

Assieme ad Alessandro e Gaga abbiamo parlato del futuro del commercio equo e del ruolo dei giovani all’interno di questa grande realtà. Cominciamo

  • Come ha cambiato la pandemia il mondo del Commercio Equo? 

Gaga: la pandemia ci ha tolto tanto, ma indubbiamente ci ha aperto gli occhi sul punto di non ritorno a cui siamo arrivati: non possiamo più tornare indietro.

 E questo è ciò che ha voluto fare Equo Garantito, associazione di categoria che raggruppa le diverse associazioni italiane che si occupano di commercio equo. Oltre al lavoro di advocacy e di monitoraggio dei soci, ci occupiamo di comunicazione, di creare campagne di sensibilizzazione, come quella nata ad inizio pandemia: IO NON TORNO INDIETRO. Questa campagna si impegna a modificare i comportamenti, a tenere a mente quella solidarietà nata nel cantare sui balconi tutti assieme, al ricordarci che la natura ha bisogno del suo spazio che l’uomo ha invece oltrepassato. Dobbiamo prendere il buono da questa situazione, imparare, e “attivarci” a sostegno di cambiamenti concreti. Ci siamo chiesti come poter sostenere la rete del Comes in una situazione di tale incertezza, e così ci siamo attivati per supportare quei produttori maggiormente colpiti dalla pandemia. Ciò che abbiamo vissuto nell’ultimo anno ha riportato alla luce quei valori, come la solidarietà e il rispetto per l’ambiente, che il commercio equo ha fatto propri da più di trent’anni. 

  • Coinvolgere i giovani nel mondo del Commercio Equo non è sempre facile. Oggi troviamo diverse realtà imprenditoriali che sembrano appropriarsi di alcuni di quei principi che costituiscono la realtà del Comes senza però mostrare una importante attenzione reale. Come può un giovane distinguere questi messaggi? E come fare per avvicinarli al Commercio Equo e solidale?

Alessandro: Per distinguersi da questo “rumore di fondo” Altromercato ha deciso di assumere un tono provocatorio: scegliere da che parte stare, chiedere da che parte stare per rafforzare la propria identità. La radicalità dei messaggi riprende le azioni comunicative che utilizzavamo già trent’anni fa. Ma forse oggi c’è un bisogno maggiore. 

Il consumatore giovane si fida dei soggetti che hanno una reputazione e che stabiliscono una forte relazione con il consumatore. Quest’ultimo oggi ha molti strumenti a propria disposizione e difficilmente si fa fregare da finte campagne pubblicitarie.

Oggi ci stiamo muovendo su diversi fronti per raggiungere sempre più ragazz* , dal Campus di Altromercato, alla collaborazione con le Università fino alle attività di servizio civile universale. Vorremmo che i ragazz* che entrano in contatto con il Comes, diventino a loro volta degli attivisti, dei brand ambassador sui social network ma anche nella loro socialità privata. Vorremmo che si instaurasse un senso di appartenenza a questo movimento. 

Gaga: anche Equo Garantito si sta muovendo per incontrare sempre più giovani, grazie al progetto EU WISE, promosso dall’Unione Europea e altre associazioni di Commercio Equo in Europa, e inserito nel pacchetto di formazioni che stiamo facendo assieme ai ragazzi del Servizio Civile Universale. L’idea è quella di individuare un gruppo di ambasciatori attivi nel campo del Comes. Anche gli strumenti che utilizziamo sono sempre più vicini ai giovani, come la piattaforma di formazione online gratuita FAIRSHARE, sulla quale c’è la possibilità di formarsi circa diversi argomenti di commercio equo, sostenibilità e ambiente.

  • Tonino Perna, professore di sociologia economica, scrisse “Fair Trade, la sfida etica del mercato” dando indicazioni specifiche su come rendere efficaci le azioni del Commercio Equo. Ad oggi, ritenete che siamo stati capaci e credibili nel nostro operato?

Alessandro: Nonostante in Italia il commercio equo sia stato tardivo, ora è una realtà molto efficace sul nostro territorio. Da quando è nato non è cambiato il contenuto, ma sono cambiate le esigenze, come quella di portare sul mercato anche prodotti italiani provenienti da realtà difficili e di sfruttamento, come possono essere i pomodori coltivati nel foggiano. E’ cambiata la narrazione, il piano su cui comunichiamo ai consumatori: una volta erano consumAttori, oggi sono consumAutori. Questo perché la velocità del digitale, la sua gratuità e accessibilità, l’esigenza di continua di ricevere un feedback, rende i consumatori  autori delle loro azioni e di dire la propria, redando essi stessi le loro pagine social. L’essere consumAutori a nostra volta, ci riempie di stimoli e contenuti, ci costringe a mutare di mese in mese. Oggi sono i consumatori ad indicarci gli strumenti per propagare il nostro messaggio. Ma continuiamo da sempre ad usare gli stessi verbi. 

  • un settore che sicuramente ha ottenuti grossi risultati nella promozione del fair trade e dell’eticità è quello tessile, in cui si sono saldate importanti campagne internazionali come ad esempio la Fashion Revolution Week, nata in risposta al disastro del Rana Plaza. Come e cosa è possibile comunicare ai giovani tramite questo settore?

Gaga: L’industria del tessile nonostante abbia raggiunto una sensibilità maggiore tra i consumatori, è ancora molto vincolata dal Fast Fashion, realtà che induce a comprare sempre più indumenti e a creare sempre più collezioni a discapito dei lavoratori. A tale proposito, la campagna internazionale “Abiti Puliti” http://www.abitipuliti.org/ promuove diverse richieste e attivazioni rivolte a questo settore. L’ultima azione in corso è una campagna rivolta a chiedere che le aziende tessili di importanti brand della moda rispettino i contratti. Durante la pandemia sono stati diversi i marchi che, già guadagnando moltissimo a discapito dei lavoratori di paesi come il Bangladesh o l’India, hanno deciso di non rispettare i  contratti già firmati, mettendo in grosse difficoltà lavoratori già stremati dalla situazione pandemica. Ognuno di noi può sottoscrivere questo e i diversi appelli. Ognuno può fare la propria parte.

La nostra ultima live non poteva che chiudersi in modo migliore, con due testimonianze attive e importanti di Commercio Equo. 

Ciò che ci porteremo a casa da queste chiacchierate di #30eoltre è la vera impronta che il commercio equo e solidale lascia, la vera differenza tangibile: la relazione che  instauriamo con un prodotto, che sia un gioiello, una birra, un capo di abbigliamento o una tavoletta di cioccolata, è una relazione vera e profonda che inizia dal prodotto e arriva al produttore.